mercoledì 1 marzo 2017

DISEGNO DI LEGGE GAMBARO: UNA NORMATIVA DA RIVEDERE

Editoriale dell' Avvocato Mario Di Primio

Da tempo Internet ha rivoluzionato in vario modo i rapporti sociali, consentendo a masse di utenti di accedere a un patrimonio di conoscenze prima assolutamente indisponibile, caratterizzato da un inarrestabile libero e illimitato  scambio di informazioni in rete; proprio la sua inarrestabile fruizione sta plasmando rapidamente nuove dinamiche e relazioni sociali, destinate a dominare la nostra società, come dimostra la diffusione sempre più pervasiva e penetrante nella nostra vita dei social networks e la implementazione progressiva e inarrestabile di nuove realtà socioeconomiche ( la cd. New Eeconomy),
Come nel passato l’impulso rapido, quasi violento, della evoluzione della rete e delle nuove tecnologie apre nuove opportunità ma porta con sé anche fenomeni inquietanti che minacciano aspetti fondamentali della nostra esistenza, introducendo controlli sempre più asfissianti nella vita privata, teorizzando il superamento della democrazia nelle sue forme finora conosciute, e dischiudendo nuovi sottoboschi virtuali in cui la criminalità in forme innovative esprime tutta la sua creativa pericolosità ( si pensi al deep web dentro cui si svolgono vendita e scambi di organi umani, di armi, e di droghe, di materiale e informazioni pedopornografiche ecc.ecc.).
Quel che è peggio, la società non riesce a tenere il passo e i nuovi paradigmi sociali e tecnologici non trovano risposte adeguate ma reazioni confuse e sempre più contraddittorie.
In particolare emerge forte l’esigenza di proteggere i cittadini ma ai tanti gravi problemi posti da Internet finora le Autorità e le legislazioni hanno reagito in modo disordinato, mettendo a rischio anche valori fondamentali della democrazia.
Un tentativo disordinato di intervenire in questa materia è il disegno di legge Gambaro n.2688/17 con cui si vorrebbe “…. prevenire la manipolazione dell’informazione online, garantire la trasparenza sul web e incentivare l’alfabetizzazione mediatica”, tali da ledere a parer di chi scrive il principio di cui all’art. 21 della Costituzione.
Detta legge vorrebbe ostacolare le cd. Fake news, che inarrestabili si moltiplicano all’interno della rete, nell’intento di limitare la overdose di informazioni cui è esposto il comune cittadino quando naviga su Internet e sopratutto nei social. 
In effetti non sono pochi a ritenere che un eccesso di informazione è forse peggio della mancanza di notizie, poiché dà luogo a quella che è considerata ormai la nuova frontiera dell’analfabetismo, invero  l’incapacità del singolo di poter discernere, distinguere e differenziare le migliaia di informazioni che riceve passivamente, senza dargli il giusto peso e avvalorando anzi quelle di dubbia veridicità.
Il nuovo progetto di legge si propone di intervenire in questo delicato contesto ma tuttavia basta una sua rapida lettura per rendersi conto che tocca alcune corde delicate della nostra democarazia, come quella della libertà di informazione, di circolazione delle idee e di liberta di associazione.
Preliminarmente va sottolineato che il disegno di legge si prefigge di sanzionare con pene più severe reati già disciplinati dal codice penale vigente, sol perché commessi con l’ausilio di piattaforme e mezzi telematici.  
Ciò è particolarmente vero per l’art. 656 bis c.p., di cui all’art. 1 del progetto legislativo che ricalca in tutto e per tutto l’art. 656 c.p., con la differenza che inasprisce la sanzione nel caso gli stessi fatti siano commessi con l’ausilio di piattaforme o mezzi telematici:  non più l’arresto fino a tre mesi o la ammenda fino a € 309 per chi pubblichi o diffonda notizie false, esagerate o tendenziose dunque, ma una ammenda fino a € 5.000,00 per chi nel comunicare dette notizie si avvalga di piattaforme o mezzi telematici.Ben più “politico” è l’art. 2 del progetto di legge che con la stessa tecnica dell‘inasprimento sanzionatorio punisce con severità, con la reclusione non inferiore a dodici mesi e con l’ammenda fino a € 5.000,00, coloro che diffondono, comunicano voci o notizie false, esagerate o tendenziose, che possono destare pubblico allarme, o svolgono comunque un’attività tale da recare nocumento agli interessi pubblici o da fuorviare settori dell’opinione pubblica, anche attraverso campagne con l’utilizzo di piattaforme informatiche destinate alla diffusione online. Ancora più gravose poi le pene per chi si renda addirittura responsabile di campagne d’odio contro individui o volte a minare il processo democratico a fini politici (reclusione non inferiore a due anni e ammenda salatissima fino a € 10.000,00). 
Né va trascurato che l’art. 265 bis c.p. si ispira alla norma relativa al cd. “Disfattismo Politico”, reato di altri tempi concepito in epoca fascista in un clima marziale per contrastare ogni opposizione sia politica che militare. Il riferimento a questa norma, operata nel progetto di legge, appare pertanto alquanto infelice, tanto più che detta norma è stata impiegata da alcune procure negli anni 90 teorizzando la cd. depressione del sentimento nazionale per reprimere pacifiche manifestazioni di protesta. 
Va considerato che la maggiore severità delle sanzioni è sempre e chiaramente concepita in ragione della maggiore permeabilità, accessibilità e rapidità di fruizione delle notizie diffuse tramite blog e social network, che in caso di manipolazione, raggiungendo in tempi rapidissimi migliaia di persone possono suscitare reazioni collettive fino a poco tempo fa impensabili e difficili da controllare, che in casi estremi potrebbero minacciare anche l’ordine pubblico (si pensi a un flash mob ideato con fini eversivi). 
Tuttavia c’è da chiedersi se in un paese così conformista come il nostro paese norme del genere non diventino nei fatti uno strumento punitivo nei confronti di tutti coloro che manifestano idee diverse, diffondono notizie alternative e contrastanti con quanto diffuso dai media principali; non siano addirittura un mezzo di repressione per quanti intendano organizzare nuove associazioni di natura politica, non avvalendosi di mezzi finanziari ma puntando sulle straordinarie risorse offerte dai social network.
Proprio sotto quest’ultimo aspetto si pongono quesiti irrisolvibili: la propaganda dei gruppi politici da sempre - si sa -  mescola e diffonde accanto a fatti veritieri anche una buona dose di informazioni scorrette, quando non false, manipolate o comunque fuorvianti e superficiali ( basta pensare da ultimo allo slogan diffuso su internet durante l’ultima campagna referendaria dai sostenitori del SI; chi vota no vota per il debito pubblico, per i vitalizi dei senatori e per la casta ): c’è dunque da chiedersi con quale criterio e in quale misura si potranno ritenere delle notizie senz’altro parziali se non addirittura partigiane tanto false, esagerate e tendenziose, da richiedere l’intervento della magistratura.Che ne sarà poi dei gruppi che vogliano organizzare e sviluppare forme autonome di politica organizzata senza poter ( o voler) accedere a imponenti risorse finanziarie? I propri strumenti di propaganda, allocati quasi prevalentemente sul web, potranno essere in qualche modo frenati? E questo non rappresenta una evidente violazione del dettato costituzionale che impegna lo stato ai sensi dell’art.3 della Costituzione a promuovere “l’effettiva  partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”? 
Si tratta di quesiti delicati che il progetto di legge non soltanto non prende in considerazione ma rende ancora più attuali. Grande attenzione sotto questo profilo merita il riferimento troppo generico alle campagne volte a minare il processo democratico a fini politici. Chi deciderà infatti quando una campagna possa ledere al processo democratico? Detta norma di facile applicazione nei confronti di gruppi estremisti che portano nella loro stessa ideologia l’odio e il disprezzo verso la democrazia, diviene fonte di perplessità e di preoccupazione nei confronti di altre formazioni politiche. 
VI sono nell’attuale panorama politico movimenti che in passato ( la Lega Nord) e attualmente ( il M5S) hanno più volte manifestato forme estreme e radicali di protesta: questa profonda mancanza di galateo istituzionale potrebbe essere intesa come “minaccia al processo democratico.”?  Chissà perché ma sono convinto che detta norma, se introdotta, troverà qualche solerte magistrato disposto ad applicarla tout court. E l’uso politico sarebbe fin troppo scontato. Altri seri problemi sono posti dal comma 3 dell’art. 656 bis, che introduce una ben meditata discriminazione a favore degli organi di stampa e dei giornalisti, una odiosa liberatoria che consentirà a tutti coloro che operano all’interno dei mass media istituzionali e negli organi di stampa di partito di poter anche diffondere notizie false venendo sanzionati con meno severità.
Tale disparità di trattamento viola in ogni caso il principio di uguaglianza e invece di arginare le fake news il nuovo art.656bis nella sua struttura odierna finirebbe per condizionare e rallentare il flusso delle informazioni fuori dai canali istituzionali, sbarrando il passo alle fonti di informazione alternativa che spesso si sono incaricate dui diffondere on voci ma fatti troipo trascuratio dai mass media tradizionali  In definitiva il nuovo disegno di legge va ulteriormente approfondito: norme apparentemente meritorie, perché volte a introdurre una qualche forma di controllo nel web e nei social, possono sotto troppi profili divenire fonte di abuso e di controllo politico.La storia e l’esperienza umana infatti insegna come norme e regole ispirate alla volontà di tutelare i singoli cittadini, variando i contesti, siano poi divenuti strumento di abuso e repressione.


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