martedì 4 ottobre 2016

IL DIFFICILE COMPITO DI FARE IMPRESA NEL GOVERNO DELLE PROMESSE. ITERVISTA ALL' IMPRENDITORE LORIS FILANTI



Intervista all' Imprenditore Romagnolo del settore turistico-alberghiero Loris Filanti sulla situazione imrenditoriale e sulle mancate promesse del Governo alla piccola e media imprenditoria italiana. E’ stato Amministratore delegato di Convention Bureau fino al 2013
Socio/ del Grand  Hotel Regina e Amministratore del villaggio turistico "IL PARCO DEI PINI"  in provincia di ravenna.

Redazione: Becciolini Stefano: B

Loris Filanti: F

B – Sig. Filanti, subito una domanda, con’è la situazione economica-commerciale della sua zona: la riviera romagnola?

F – Sinceramente se mio figlio mi chiedesse se è il caso di darsi all’imprenditoria gli direi , brutalmente, NO. A meno che non si provi gusto a vivere nell’incertezza e ad essere continuamente spremuti, e non parlo solo di tasse. Gli ostacoli sul cammino di un imprenditore sono talmente tanti che è praticamente impossibile essere sicuri di essere completamente a posto su tutto: regole antincendio, regole sanitarie, certificazioni varie, controlli a sorpresa, o non, degli enti più disparati, ovviamente Guardia di Finanza in testa. Una burocratizzazione che impastoia il nostro, già difficile lavoro, rendendoci la vita a dir poco complicata. Un meccanismo perverso che ha come fine principale di fare cassa, ogni più piccola infrazione viene infatti pesantemente sanzionata. Quando servono soldi si spremono gli imprenditori.
L’aspetto peggiore è che questa procedura tende a farci sentire tutti evasori fiscali e soprattutto ad additarci all’opinione pubblica come tali. Io viaggio molto e ho rapporti continui con altri colleghi imprenditori, posso dire che la quasi totalità si attiene alle regole delle leggi in vigore. Se qualcuno no emette uno scontrino fiscale va incontro a problemi gravissimi, finanche alla chiusura dell’attività, dunque è nel suo interesse agire con correttezza. Lo stesso non si può dire per gli innumerevoli abusivi che agiscono in violazioni a tutte le leggi, fiscali e non, e che non rischiano praticamente nulla. Vengono tollerati e nel caso incappassero nelle maglie dei controlli non perderebbero niente perché, nei fatti, la loro azienda non esiste. L’unico interesse delle istituzioni è fare cassa, rastrellare quattrini a spese dei contribuenti. Sostenere l’attuale pressione fiscale, che può arrivare, e talvolta superare, il 70%, è impossibile. In poche parole se le mie attività avessero le ruote le avrei già trasferite all’estero, come del resto già altri imprenditori, più fortunati, hanno fatto. Purtroppo la tipologia delle mie imprese non mi consente di trasferirle. Vorrei parlare dei dati correnti che danno in aumento le presenze nel settore alberghiero, in realtà si tratta di dati “drogati”, dati alterati da situazioni contingenti: se le presenze aumentano per effetto di offerte al limite del possibile è ovvio che i clienti aumentano ma ciò che in realtà conta è quanto poi resta in cassa. Se si deve lavorare per andare a pareggio o addirittura in perdita allora il gioco non vale la candela. Voglio poi parlare del valore delle nostre strutture, faccio un esempio: un hotel sulla costa è andato all’asta al prezzo di € 4.900.000 scendendo fino a 1.200.000 senza ancora trovare un compratore. Questo per dire che i valori assegnati alle nostre strutture è obsoleto, anzi è fuori dalla realtà di mercato, il tutto andrebbe riconsiderato in base alle mutate condizioni economiche-finanziari, tenendo conto anche della grave crisi del mercato immobiliare. Ovviamente i danneggiati sono gli investitori che si ritrovano proprietari di beni che valgono, oggi, un quarto di quanto da loro pagato.
B – Sig. Filanti qual è la percentuale di impiegati, maestranze, di italiani e di immigrati impegnati  nel settore alberghiero e ristorazione?
F – la presenza di stranieri è in grande aumento, nel mio settore, alberghiero, i non italiani sono presenti soprattutto nelle mansioni meno specializzate mentre gli incarichi più delicati, dirigenza, accoglienza etc, è ancora appannaggio degli italiani. Innegabilmente la presenza di stranieri è in costante aumento. In realtà, esistente un contratto nazionale di lavoro, non vi dovrebbero essere differenze tra lavoratori italiani e stranieri. Certi i furbi ci sono, spinti soprattutto dalla necessità di difendersi da un fisco troppo invasivo, ma la mia esperienza è che sono la minoranza, una minoranza addirittura trascurabile. Per quello che ho potuto
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verificare l’Emilia Romagna, la Toscana, la Lombardia il settore alberghiero è condotto da imprenditori irreprensibili. Non dimentichiamo che il timore di essere duramente puniti per la più piccola infrazione costituisce un deterrente fortissimo.
B – Rimanendo sull’argomento nel suo settore il jobs act ha trovato piena applicazione o si è preferito i voucher?
F – Personalmente no ho usato i voucher preferendo i contratti a tempo determinato, il nostro è un’attività stagionale, con qualche elemento assunto sempre a tempo determinato “a chi amata diretta”. Non nego l’utilità dei voucher purché non se ne faccio un uso spropositato, il contratto a tempo indeterminato, nella zona e nel mio settore di attività è praticamente inesistente. La stagione lavorativa si attesta, in media, sui cento giorni annui.
B – Quindi anche sulla riviera romagnola il periodo lavorativo è di circa tre mesi?
F – Il periodo lavorativo si è ulteriormente ristretto. In tre mesi noi dovremmo ricavare utili tali da permetterci di mantenere le strutture per l’intero anno, soddisfare la voracità del fisco e portare qualche cosa a casa per noi stessi. Obbiettivi, oggi, irraggiungibili.
B – Allungare il periodo lavorativo è un obbiettivo impossibile, in alcune zone d’Italia tale periodo si sensibilmente ridotto come mi risulta sia successo in Puglia.
F – L’emilia Romagna sfrutta il turismo a tutto tondo, quello prettamente turistico vacanziero, quello legato a congressi, eventi etc., ma questi occasioni  sono in numero ridotto e non tale da modificare la stagnazione del settore. Ovviamente fiere, seminari, eventi congressuali ed altro ci consentono di allungare la stagione di 30/35 giorni spalmati nell’arco dell’anno. Ciò comporta la difficoltà di reperire il personale, impegnato altrove, e in ogni caso non ha una consistenza in grado di colmare i danni della crisi. Proprio per queste difficoltà le attività ricettive romagnole aperte tutto l’anno sono sempre meno.
B – L’Expò 2015 ha apportato benefici anche in Emilia Romagna?
F – In Emilia Romagna la ricaduta dell’effetto Expò è stata praticamente nulla. Gli effetti si sono visti quasi esclusivamente in Lombardia, al di fuori di tale regione non si sono avvertiti benefici. L’Expò sarà stato anche una cassa di risonanza per l’Itali tutta ma ha beneficiarne sono stati veramente in pochi.
B – Sig. Filanti come vede il futuro economico italiano e soprattutto come ritiene si evolverà lo stato sociale afflitto da anni di una gravissima crisi che smentisce le rassicurazioni del Presidente del Consiglio Renzi?
F – La vedo male, molto male. In uno stato in cui la corruzione è imperante e esiste una classe di innumerevoli privilegiati che gravano come macigni sulle finanze pubbliche è impossibile essere ottimisti. Oggi i veri ricchi sono i funzionari pubblici ed anche i grandi burocrati che, pur cercando di dissimulare il loro benessere, sono in cima alla piramide.
B – Lei ritiene utopico sperare in un miglioramento delle condizioni di vita del cittadino italiano, ritiene impossibile un’uscita dalla crisi in tempi brevi.
F – I nostri politici sono bravissimi a raccontarci favole, a riempirci di promesse che sanno di non potere mantenere, ad innalzare cortine fumogene che non ci consentono di vedere i problemi nella loro interezza. Abbiamo pessimi politici che sono ottimi imbonitori. Per iniziare a risalire la china occorre dare corso a interventi mirati, in grado di incentivare gli investitori attirando anche quelli stranieri. Riassegnazione delle areee dismesse, le innumerevoli cattedrali nel deserto, concedere le strutture in comodato d’uso e esenzione dalle tasse per i primi anni a patto che gli imprenditori si impegnino a creare lavoro, quindi ricchezza, quindi nuovi contribuenti. Una maggiore flessibilità sulla concessione del credito, una politica bancaria che tenga presente delle difficoltà dovute alla crisi e che venga in aiuto di chi è in difficoltà e non, invece, affrettarsi a dargli il colpo di grazia, una burocrazia più snella, una minore tassazione,  Un’oculata politica economica basato sullo sviluppo e non sull’ arraffamento.
B – una visione utopica in quanto, nonostante le rassicurazioni del governo, non si vede la fine del tunnel. Le più ottimistiche previsioni danno il PIL in aumento dello 0,8%, un’inezi se si calcola quanto si è perso in questi anni di crisi. Una domanda d’attualità: lei cosa ne pensa del rifiuto del sindaco Raggi ad ospitare le olimpiadi?
F – In nlinea di principio io sono contrario a rigettare possibilità importanti come le olimpiadi a meno che non vi siano alternative anche più importanti. Certamente occorrerebbe mettere in atto meccanismi tali da garantire la trasparenza ed evitare la consueta “corsa all’oro” degli innumerevoli sciacalli sempre pronti ad addentare prede succulente. Certo sarebbe stata un’opportunità per dare visibilità all’Italia e creare posti di lavoro, sempre che si fosse riusciti ad evitare il solito meccanismo che inquina irrimediabilmente queste che dovrebbero essere belle e solide opportunità.


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