giovedì 19 marzo 2015

OMICIDIO ILARIA ALPI E MILAN ROVATIN. DICHIARAZIONI ESCLUSIVE DELL'AVV, CARLO TAORMINA

(N.d.R.) L' Avvocato Carlo Taormina ha presieduto la Commissione di inchiesta Parlamentare sull'omicidio di Ilaria Alpi e Milan Rovatin fino alla sua conclusione nel 2006.
Il 20 Marzo 1994 La giornalista Ilaria Alpi ed il suo cameramen Milan Rovatin furono uccisi mentre si trovavano a Mogadiscio come inviati del TG3 per seguire la guerra civile somala e per indagare su un traffico d'armi e di rifiuti tossici illegali in cui probabilmente la stessa Alpi aveva scoperto che erano coinvolti anche l'esercito ed altre istituzioni italiane.

La Somalia, dopo la destituzione del dittatore Siad Barre, avvenuta nel 1991 era precipitata in una guerra civile che vedeva coinvolte fazioni rivali capeggiate dai cosiddetti "signori della guerra". Nel 1992 una coalizione internazionale guidata dagli USA intervenne con un contingente per cercare di proteggere i civili e riportare la pace in quel Paese. Di questa missione fece parte anche l'Italia con Reparti scelti del nostro Esercito.
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Per identificare gli interlocutori useremo "R" per redattore e "AT" per l'Avvocato Taormina.

R: Il Generale Carmine Fiore, comandante Italiano della missione IBIS, asserisce nella sua deposizione che furono i Carabinieri a recuperare i corpi di Ilaria e Rovatin, anche se nel filmato girato da alcuni giornalisti americani pochi minuti dopo l'agguato non c'era traccia di soldati italiani. Nello stesso, infatti, si vede che l'unico italiano presente era Giancarlo Marocchinoun' imprenditore che viveva in Somalia. Perché secondo lei questa incongruenza? 
AT: Marocchino fu il primo ad essere venuto a conoscenza dell'agguato, anche perché era un uomo che conosceva molto bene luoghi e persone . Era un punto di riferimento anche per il Generale Fiore. Non dobbiamo dimenticare che Marocchino aveva dei rapporti particolari coi Servizi Segreti che operavano in Somalia. E' inutile che ci prendiamo in giro, Marocchino era una persona alla quale i servizi si affidavano e quindi ovviamente aveva costruito intorno a sé un punto di riferimento importante. Aveva mani in pasta ovunque, si interessava dei commerci, di ospitalità, tant’è vero che i giornalisti italiani che si recavano a Mogadiscio erano ospitati da lui, nei suoi capannoni.
Fu il primo a sapere di quello che era accaduto a Ilaria Alpi e a Milan Rovatin e quindi è per questo che lo vediamo anche nelle foto e immagini di repertorio sul luogo dell'agguato. I Carabinieri possono avere solamente fatto di ausilio, perché l'intervento principale fu quello di Marocchino.
R: Quanto tempo è passato tra l'agguato e l'intervento di Marrocchino?
AT: Non ne è passato molto di tempo e poi nessuno era nelle condizioni di saperlo. L'uccisione di Ilaria Alpi fu un fatto assolutamente improvviso ed imprevedibile sia per le modalità che per il luogo. Fu uccisa immediatamente dopo che era uscita dall'Hotel dove si trovava la sede ANSA e da dove aveva parlato poco prima con la madre. Quindi nessuno poteva pensare che potesse accadere un fatto del genere e i Carabinieri erano non molto distanti dal luogo dell'agguato, ma non tanto vicini da potere intervenire tempestivamente. Mentre Marocchino ebbe modo di precipitarsi sul luogo per prestare soccorso, soccorso inutile perché sia Ilaria Alpi che Milan Rovatin erano già morti.
R: Le risulta che tra i Carabinieri intervenuti, come asserisce il Generale Fiore, ci fosse anche il Ten. Col Del Monte Vittorio Ovidio, comandante del GIS dell'Arma, scomparso nel 2002, ed il Maresciallo Francesco Aloi, anch'egli scomparso qualche anno fa, o perlomeno che abbiano fatto indagini relative al caso?
AT: Dagli atti della Commissione di inchiesta questo non risulta. Del nome del Maresciallo Aloi sono a conoscenza perché il Generale Carmine Fiore lo asserì nel corso della sua deposizione. Comunque la Commissione non ha mai approfondito questo aspetto, anche se abbiamo cercato nel corso delle indagini di mettere in luce tutti gli aspetti importanti e rilevanti della vicenda. Molte altre sono delle speculazioni espressamente politiche dalle quali ci siamo tenuti ben distanti, sia da parte dell'allora maggioranza di Governo di Silvio Berlusconi che da parte della minoranza che in quel periodo era capeggiata da Rosi Bindi, che era la principale artefice dell'opera della Commissione di Inchiesta che ho presieduto.
R: Si parla anche degli appunti di Ilaria Alpi che sono scoprasi e ricomparsi successivamente. Cosa ci può dire in proposito?
AT: La maggior parte è stata ritrovata. Innanzitutto bisogna dire che erano stati presi da una giornalista, certa Gabbriella Simoni, che era entrata nella stanza d’albergo dove alloggiavano Ilaria e Rovatin. Sul letto la giornalista insieme ad un suo collega aveva trovato alcuni manoscritti che non furono toccati dai due giornalisti, ma ripresi con la telecamera in modo da darne testimonianza della loro presenza.

Devo precisare che quelli che sono stati trovati non hanno dato nessun contributo dal punto di vista dell'accertamento sulle indagini che Ilaria stava conducendo.
R: Quindi non sono stati secretati questi appunti?
 Donazioni
AT: Oggi nulla è secretato. Personalmente ho rivolto un appello a tutti coloro che avevano richiesto la secretazione.

Inviai tutti gli atti alla Procura della Repubblica di Roma e alla Procura Generale della Core d'Appello di Roma, proprio perché c'erano delle cose molto importanti da fare ad iniziare dal fatto che era in galera Omar Hashi Hassan che era innocente e chiedevo che la Corte d'Appello quanto meno provvedesse ad un'istanza di revisione per farlo uscire, come del resto chiedevo alla Procura di Roma di farsi carico di tutto quello che noi avevamo accertato, là dove avesse ritenuto di dovere svolgere qualche altro accertamento. Ma nulla è seguito. C’è stato un momento in cui è stato registrato un minimo di sussulto preceduto dalla gran cassa di certi giornali ai quali avevano preso a ridare fiato i sostenitori di una certa impostazione relativamente alla morte di Ilaria e Rovatin, ma è stato un sussulto di breve durata perché la stessa Procura di Roma nulla ha fatto perché poi nulla altro c'è secondo me da fare intorno a questa vicenda. Questo caso per anni è stato alimentato da sospetti e insinuazioni, ma in realtà è tutto molto chiaro, per quanto almeno è stato possibile accertare dai lavori della Commissione.
R: Dalle risultanze della commissione di inchiesta di cui lei ha fatto parte è mai risultato che Ilaria Alpi stesse conducendo delle indagini giornalistiche non solo sul traffico di armi tra Italia e Somalia e sul traffico di rifiuti tossici provenienti dall'Est Europa, ma anche su presunti abusi sessuali perpetrati sui civili Somali da parte di ufficiali e sottufficiali italiani?
AT: La Commissione ha preso in carico quattro filoni di indagine. Il primo è quello delle armi, il secondo quello dei rifiuti tossici, il terzo quello dei rifiuti radioattivi ed il quarto quello delle violenze sessuali. Quest' ultimo fu determinato dal fatto che avevamo saputo che Ilaria Alpi in una precedente visita in Somalia si era molto preoccupata della condizione della donna in Somalia, quindi abbiamo ritenuto che qualche approfondimento dovesse essere fatto. Indubbiamente sotto questo profilo abbiamo trovato un'attenzione, ma non con riferimento al suo ultimo viaggio in cui ha trovato la morte. In effetti lei si era interessata di questo problema prendendo in mano la questione della tutela della donna in Somalia, ma noi di altre cose non potevamo interessarci poiché si trattava di viaggi diversi da quelli che erano in oggetto della nostra Commissione di Inchiesta. Ricordo che ci fu una questione inerente ad una rapina ai danni di una donna somala che ebbe poi un esito drammatico con l'uccisione di una persona nei pressi dell'abitazione della donna, ma non ricordo più di tanto. Mentre ricordo benissimo delle altre indagini. Facemmo delle indagini incredibili. Tenga presente che avevamo a disposizione degli investigatori sopraffini, il SISMI allora comandato dal Generale Pollari  era tutto a nostra disposizione e fu di importante ausilio nell'opera della Commissione di inchiesta. Fu il SISMI a darci il contributo determinante per fare un viaggio molto rischioso e tenuto in sordina da parte di un consulente della Commissione in Somalia, il Commissario Di Marco che con un aereo del SISMI si recò a Mogadiscio dove fece un'indagine molto particolare ed approfondita e riuscì a trovare l'auto sulla quale fu uccisa Ilaria Alpi. Per quanto riguarda i tre settori, rifiuti tossici, nucleari e traffico di armi, abbiamo fatto tutte le possibili indagini che dovevamo essere fatte anche sul posto. Tenga presente che abbiamo persino proceduto alla trapanazione della strada Garoe-Bosaso perché da parte di informatori c'era stato detto che quella strada era stata costruita dagli italiani proprio perché sotto di essa sarebbero stati interrati rifiuti tossici e rifiuti nucleari. Abbiamo fatto le trapanazioni e i carotaggi in moltissime parti della Garoe-Bosaso, ma non abbiamo mai trovato assolutamente nulla.
Per quanto riguarda invece le armi, lei sappia come certamente saprà, che le armi in Somalia si vendevano al banchetto del mercato. Era certamente vero che le armi venivano anche dall'Italia e anche molte, ma erano anche di origine russa come il kalashnikov e altri tipi provenienti anche dagli USA. Ma questo era lo sport nazionale in Somalia. Lei ha ricordato nella sua introduzione la guerra civile che si era scatenata in quel Paese, da una parte c'era il Generale Ali Mahdi e dall'altra il Generale Aidid, tra i quali poi si inserì il signore della guerra ,il cosiddetto "signore della guerra Morgan " . La situazione era incredibile dal punto di vista delle bande armate che si scontravano tutti i giorni. Le dico questo per dirle appunto che le armi erano a portata di mano di tutti e chi voleva comprarne una poteva farlo al mercato. Quindi non credo che ci fosse il bisogno di fare indagini su questo problema delle armi da parte di Ilaria Alpi o chicchessia. Mentre per le altre due questioni, nulla è stato riscontrato. Dico anche che nelle ultime battute dei lavori della Commissione riuscimmo a sentire il Sultano di Bosaso Bogor che era stato intervistato da Ilaria Alpi e ci siamo fatti spiegare quello che era accaduto in questa intervista che si diceva essere stata conservata soltanto in parte, quasi a dire che un'altra parte di essa potesse essere stata distrutta per danneggiare l'opera giornalistica di Ilaria Alpi. Le cose non stavano così, anche se devo dire che il Sultano di Bosaso in quella circostanza (N.d.R. colloquio con la Commissione) fu abbastanza criptico. Il mio ragionamento su questo è un po inquietante perché ho l'impressione che il Sultano di Bosaso sa che lì le situazioni si gestivano agevolmente. Ho avuto l'impressione che nell'ultima tornata dell'audizione del Sultano di Bosaso, stesse facendo qualche "scherzetto" quasi a volere lasciare una pagina aperta in modo tale da potere determinare una ripresa dei lavori di indagine una volta che la Commissione avesse terminato i suoi. Infatti, non ho visto male perché in effetti successivamente ci sarebbe stato un tentativo di ripresa delle indagini presso la Procura di Roma quasi a volere smentire le risultanze della Commissione di indagine, ma poi la Procura di Roma ha dovuto ammainare la bandiera perché le cose stavano e stanno come la Commissione ha accertato. 
Mi permetto di dire, inoltre, che gli elementi oggettivi riscontrati in loco, come il ritrovamento dell'auto dove fu uccisa Ilaria e Rovatin, non possono essere messi in discussione da un Somalo "stranamente  loquace". Da tenere presente che ci siamo avvalsi anche di un pentito che abbiamo portato in Italia e mantenuto assieme a tre mogli e sette figli, che si trovava sul posto dell'agguato e vide da chi era composto il commando e disse che Omar Hashi Hassan non era presente all'uccisione della giornalista e del cameramen.
Questo è l'unico aspetto sul quale concordiamo noi come Commissione e la mamma di Ilaria Alpi, la quale in una sua recente intervista reclama la scarcerazione di Omar Hashi Hassan perché innocente.
R: Ilaria Alpi stava conducendo un’inchiesta sulla “Cooperazione Italiana” che aveva donato al dittatore Siad Barre 5/mila miliardi di lire per aiutare la Somalia, probabilmente finiti nelle mani dei signori della guerra e in tangenti per politici e faccendieri italiani. Potrebbe essere stato uno dei motivi del suo omicidio?
AT: Le cose stanno esattamente in altri termini. Con la morte di Siad Barre in Somalia è successa l'ira di Dio e sono passati vent'anni e più e la Somalia sta peggio di prima. Sicuramente con la Cooperazione si sono sviluppate le cose più nefande che si possono immaginare, dal punto di vista delle corruzioni. Sicuramente una parte di quei soldi sono andati ai signori della guerra e in qualche "tasca italiana". Le navi della SHIFCO e tutto quello che c'era intorno probabilmente servirono anche al traffico di armi.
Dico con chiarezza alla base di quelle che sono state le risultanze della Commissione da me presieduta che Ilaria Alpli non stava facendo, almeno in quel viaggio, nessuna attività di ricerca specifica almeno dal punto di vista giornalistico. Ilaria alpi quando è arrivata a Mogadiscio, non è stata a Mogadiscio, ma se n’è andata a Bosaso, stando fuori una settimana. Ci sono le fotografie che la vedono in riva al mare a prendere il sole e quando è all'Hotel Amana Mogadiscio. Prima della sua uccisone, aveva avuto un colloquio con la madre e noi abbiamo intervistato un giornalista che aveva parlato con la Sig. Alpi relativamente al contenuto della telefonata con la figlia, la quale le aveva detto, e mi dispiace dovere ripetere la frase che mi ha fatto guadagnare tante maldicenze, "guarda che voglio rimanere qui perché è stata una bella vacanza". Questa frase venne appunto detta dalla madre al giornalista il cui nome è agli atti della Commissione di Inchiesta sulla morte di Ilaria e Rovatin.
E' inutile che stiamo a discutere se abbia fatto indagini prima, ma con riferimento al viaggio di cui stiamo parlando, nulla è emerso dal punto di vista di risultanza di indagini, di vere e proprie indagini svolte dalla giornalista. Preciso che la famiglia di Milan Rovatin ha sempre mantenuto un profilo diverso da quello tenuto dalla famiglia Alpi.

Da tenere presente che nel 1994 gli Americani andavano d’accordo con Bin Laden, l'uomo che in Somalia aveva fatto i campi di addestramento per la preparazione delle truppe per sostenere gli Americani in Afghanistan. Quindi era un periodo nel quale tutto c'era, meno che le cose alle quali si fa riferimento ogni volta che si parla della vicenda di Ilaria Alpi. Naturalmente ne parlo con grande rispetto, sono il primo a dire che la giornalista è stata vittima di un agguato indegno, ma che non ha nulla da spartire con l'attività che stava svolgendo.
R: In un contributo video che si può visionare su YouTube, Giancarlo Marocchino in un'intervista successiva all'omicidio afferma che Ilaria Alpi e Milan Rovatin sono stati uccisi perché erano "andati in posti dove non dovevano andare". Quale è la sua opinione su questa dichiarazione?
AT: Per me Marocchino è uno come gli altri, ha dato un grosso contributo alla Commissione di inchiesta, grazie a lui abbiamo avuto notizie che altrimenti non avremmo avuto, siamo stati anche accusati di questo dalla famiglia Alpi, come se ci fossimo messi d’accordo con il capo del complottismo somalo, etc.
Non ho nessuna simpatia né antipatia nei confronti di Marocchino. Penso che sia stato un momento in cui dire la verità su questa vicenda era scomoda per tutti, quindi non escludo che Marocchino abbia fatto qualche affermazione azzardata. Comunque, come Commissione abbiamo scandagliato le possibili località pericolose che Ilaria Alpi poteva avere battuto, ma non le abbiamo trovate.
Voglio precisare una volta per tutte che Ilaria Alpi non era a Mogadiscio fino al giorno in cui è stata uccisa, quindi non sapeva assolutamente niente di quello che stava succedendo a Mogadiscio. Cosa stava succedendo a Mogadiscio? La sera prima dell'uccisione di Ilaria Alpi avvenne una comunicazione che Marocchino recepì e che comunicò ai Servizi Segreti: c'era intenzione da parte di alcune bande di uccidere un giornalista europeo. Per questa ragione, Marocchino la sera prima dell'uccisione di Ilaria Alpi, durante una cena a cui erano stati invitati tutti i giornalisti europei presenti a Mogadiscio, li mise in guardia su un grosso pericolo che incombeva su uno di loro e li invitò ad andarsene. Quella sera stessa tutti i giornalisti europei presenti a Mogadiscio se ne sono andati a Nairobi. Ilaria Alpi non sapeva nulla del pericolo che incombeva sui giornalisti perché era ancora a Bosaso e sarebbe arrivata il giorno dopo verso le 12.30 / 13.00 all'aeroporto di Mogadiscio per poi andare in albergo e successivamente telefonare alla madre. Ilaria nulla sapeva dell'allarme lanciato da Marocchino e quindi fu uccisa da quella banda di rapinatori che voleva impossessarsi probabilmente dell'auto e della telecamera.

Non c'era un posto in cui sarebbe potuta andare e che avrebbe provocato la sua uccisione. Sono tutte cose che vengono dette solo per aprire la bocca e dare fiato.
R: Il SISMI non riferì nulla sugli omicidi di Ilaria e Rovatin, ma in una fase del processo, venne mostrata una comunicazione riservata inviata dal SISMI a Roma il giorno dopo il duplice omicidio dove si informava che il giorno 16 marzo 1994 la giornalista aveva ricevuto minacce di morte, secondo lei come si spiega questo muro di gomma?
AT: Come ho già detto prima Ilaria Alpi non era a Mogadiscio, ma a Bosaso con Milan Rovatin in vacanza. Tenga presente che c’è stata una serie di maldicenze ed io ho fatto anche una diffida . Finché si tratta di non condividere i risultati valutativi ai quali è venuta la Commissione, tutti sono liberi di dire quello che vogliono, ma nessuno deve azzardarsi a dire che siano state fatte cose diverse da quelle che risultano dagli atti. Dico questo perché ad un certo punto sono state dette delle cose a proposito dell'auto in cui sono stati uccisi Ilaria e Rovatin e della perizia balistica.
Abbiamo speso venti milioni di Euro per avere quell' auto e portarla a Roma e sottoporla alla Polizia Scientifica che ci ha lavorato due o tre mesi per ricostruire la traiettorie dei proiettili attraverso i raggi laser. Abbiamo ricostruito al millimetro le modalità di uccisione, prima di Rovatin e poi di Ilaria Alpi. Ilaria Alpi è stata uccisa da un proiettile che prima è passato dal corpo di Rovatin per poi colpirla nella testa che teneva abbassata dietro al sedile. Questa è la ricostruzione ed è stata anche detto che quella non poteva essere l'auto sulla quale si erano verificati i fatti quando al millimetro abbiamo riscontrato tutto. Non solo, ma i lettori devono sapere che abbiamo anche riesumato il corpo di Ilaria Alpi e siamo stati i primi a ritrovare nella testa della giornalista il proiettile che l'ha colpita. Proiettile che è stato messo a confronto con la traiettoria dei raggi laser sull'auto ed ha trovato corrispondenza.

Per cui tutti possono dire tutto della Commissione, dei suoi lavori, della sua valutazione, a nessuno può dire che quella è una macchina taroccata o che la Commissione ha compiuto una serie di falsi facendola risultare come l'auto sulla quale ha trovato la morte la giornalista ed il cameramen.
R: Perché non fu fatta l'autopsia immediatamente ma dopo due anni?
AT: Questo deve chiederlo a chi avrebbe dovuto farla. Noi abbiamo però fatto la tac e l'autopsia e proprio grazie alla tac abbiamo scoperto il proiettile utilizzato poi per la comparazione balistica sui fori di entrata dall'auto e sui corpi.
R: Omar Hashi Hassan, condannato in via definitiva a 26 anni di carcere per l'omicidio di Ilaria Alpi e Milan Rovatin è stato scagionato da un suo connazionale, Ahmed Ali Rage, in un'intervista a "Chi l'ha visto". Cosa vuol dire ai fini processuali e di inchiesta sul caso? 
AT: Siamo stati noi che abbiamo mandato gli atti alla Procura Generale della Corte di Appello di Roma competente a fare l'istanza di revisione, ma non solo, abbiamo avvertito l' avvocato difensore di Omar Hashi Hassan di presentare istanza per farlo scarcerare. Non ha fatto niente e non riesco a capire perché non lo abbiano fatto, quasi ci possa essere un interesse a farlo rimanere in galera e a farlo risultare colpevole, non è stato Ali Rage a scagionare Omar Hashi Hassan, siamo stati noi con la raccolta delle dichiarazioni di un pentito che abbiamo pagato mantenendolo per diciotto mesi a Roma e adesso si trova in una località protetta perché era presente all'omicidio e ha dichiarato chi erano le persone che facevano parte del commando con nomi e cognomi, escludendo categoricamente il coinvolgimento di Omar Hashi Hassan.
C'è un capitolo molto delicato che è quello relativo alla testimonianza di Rage che era stato avvicinato da un "diplomatico italiano" (?), diciamo così… O dobbiamo dire il nome e cognome? Lasciamo perdere! Un diplomatico italiano che lo aveva "convinto" a venire in Italia a rendere questa testimonianza fasulla perché in effetti la testimonianza è fasulla, noi lo abbiamo accertato. Abbiamo smascherato sia la testimonianza bieca - e mi riferisco al Diplomatico - sia la provenienza politica, qui abbiamo anche individuato il personaggio politico che aveva gestito questa vicenda in modo che risultasse una certa realtà dalla sua testimonianza non corrispondente al vero.
Perché quella era l'epoca nella quale Ilaria Alpi doveva diventare la giornalista eroina della sinistra e quindi bisognava costituire intorno alla sua figura un alone di sacrificio. Bisogna ricordarsi una cosa, la tesi che è sempre stata sostenuta dai familiari, amici e benefattori di Ilaria Alpi e che fosse stata vittima di un'esecuzione, che sarebbe stata fatta inginocchiare e quindi uccisa con un colpo di pistola alla testa . Questo non è vero, non è assolutamente vero ed è stato accertato sia dalla Polizia che dalla Procura della Repubblica di Roma nelle ultime battute terminati i lavori della Commissione. Credo che bisogna smetterla con questa cosa, ma tanto qualsiasi cosa noi diciamo, o che imponiamo dal punto di vista oggettivo con fatti, circostanze e elementi probatori, loro sono sempre pronti a ricominciare da capo, quindi è una fatica inutile. Sono passati ventun anni ma molte cose non  riescono più a farle, la speculazione giornalistica non riesci più, premio giornalistico e tutte queste cose.
Sarebbe invece stato molto corretto onorare la morte di Ilaria Alpi, perché resta il fatto che è stata vittima di un agguato assieme a Rovatin. Il pericolo per i giornalisti europei paventato da Marocchino, si è poi concretizzato con la loro morte. Ma proprio perché un qualsiasi giornalista Europeo doveva essere ucciso sta a dimostrare che non poteva essere una causale specifica come quella che si vuole attribuire a Ilaria Alpi per poterne determinare la morte.

Questa verità nessuno la vuole sentire. Devo dare atto a Bertinotti che divenne poi Presidente della Camera che dopo che io chiusi i lavori della Commissione si recarono i soliti personaggi, che hanno fatto con questa storia carriere, seggi parlamentari e quant'altro, per chiedere di formare un'altra Commissione di inchiesta Parlamentare perché quella presieduta da me non nadava bene. Bertinotti lesse gli atti e disse che non c'era niente da riaprire.
Articolo di Stefano Becciolini © del 19 Marzo 2015




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