sabato 17 gennaio 2015

STRAGE DI PARIGI. INTERVISTA A GIANLUCA SCIORILLI, ESPERTO DI ANTITERRORISMO, SICUREZZA ED INTELLIGENCE



In esclusiva per il Blog FAHRENHEIT 912, l’ intervista a Gianluca Sciorilli Presidente del gruppo ESIM Global con sede in Italia e Stati Uniti d’America.  Esperto di Sicurezza, Intelligence, Antiterrorismo e Tactical Training sia in ambito nazionale che internazionale

Le dichiarazioni sono riportate nell'articolo e si può, inoltre, scaricare:
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Per identificare gli interlocutori useremo "R" per redattore e "GS" Gianluca Sciorilli


R: Sig Sciorilli, nel web stanno girando molte notizie, alcune sono fantasiose, altre magari possono essere prese più seriamente. Per dissipare o confermare questi dubbi le vogliamo porre alcune domande. Da esperto di sicurezza nazionale ed internazionale, quali sono le sue valutazioni sull’operato della Polizia Francese, durante e dopo l’attacco del 7 gennaio, con particolare riferimento ai filmati dove si vede l’auto della Polizia che, dopo avere incrociato i terroristi, fugge in retromarcia?

GS: Rispondo step by step. A proposito della  prima domanda che lei mi ha posto sulla Polizia Francese, dico che bisogna distinguere quale Polizia, quale reparto ed unità e quali sono le peculiarità di ciascun reparto che è stato attore in questa crisi. Vanno fatte delle distinzioni tra i reparti di elite che hanno fatto la “direct action”, o azione diretta, alla neutralizzazione dei terroristi e l’attività di Polizia ordinaria: sono appunto due livelli diversi di professionalità e caratteristiche. Il punto à che un’azione di questo tipo, per quanto possa essere stata attesa in Europa e specialmente in Francia, che, stando ai file dei Servizi Segreti a seguito delle dichiarazioni fatte sui siti e da esponenti terroristi mussulmani quali Al Qaeda e AKAP (Al-Qaeda in the Arabian Peninsula), l’organizzazione che ha rivendicato questo attacco, nonostante la Francia fosse nel mirino, anche per l’impegno militare che ha avuto in Mali, posso affermare che la Polizia ordinaria non ha l’addestramento tattico adeguato specifico per potere contrastare con efficacia dei soggetti terroristici armati con armi pesanti armati di  AK47 calibro 7,62X39 mm con delle pistole calibro 9mm Parabellum in dotazione a dei poliziotti che comunque sono addestrati a fare i poliziotti e non per contrastare un’azione di tipo militare, per questo che le dico che i reparti della Polizia ordinaria Francese non sono i reparti speciali che sono invece equipaggiati per rispondere ad una minaccia di questo tipo, parliamo di due livelli diversi per fare fronte ad un attacco che è stato una sorpresa e su un obiettivo che era marginalmente considerato primario per quanto riguarda il terrorismo ncnchè capire il perché hanno scelto la Redazione del settimanale Charlie Hebdo: non lo hanno fatto semplicemente per uccidere dodici persone, ma l’effetto che hanno voluto ottenere i terroristi nell’attacco al Settimanale satirico è stato quello che in gergo si dice “moltiplicatore di forze alleate”. Mi spiego: l’avere attaccato il Charlie Hebdo, che aveva pubblicato vignette satiriche contro la loro e non solo la loro religione, ha creato un’attrattiva fortissima tra i mussulmani che si sono sentiti offesi, soprattutto nelle zone più degradate delle periferie francesi, dove i giovani mussulmani trovano nell’Islam un motivo di riscatto. Esattamente come negli anni ’70 in Italia i giovani diseredati trovavano nei movimenti terroristici di matrice Marxista Leninista. Trotsky diceva che i sottoproletari sarebbero stati le avanguardie rivoluzionarie. Stessa cosa avviene oggi in chiave panislamista: al posto dell’internazionalismo proletario che prometteva il paradiso in terra, l’Islam radicale promette il paradiso in paradiso. A monte comunque c’è un comune denominatore, cioè l’odio; c’era l’odio di classe in quello che ha nutrito la matrice comunista e c’è l’odio verso gli infedeli che alimenta il fondamentalismo Islamico, però il concetto non cambia.
R: Secondo lei dobbiamo aspettarci altri attacchi in Europa come quello di Parigi?
GS: Dobbiamo renderci conto che siamo veramente in una guerra, non dichiarata, ma questa è una guerra. Bisogna renderci conto che loro, i fondamentalisti, sono in guerra con noi. L’ Imam di Londra ha detto che non c’è bisogno che veniate da noi a portare la guerra perché siamo noi che ve la portiamo in casa, il disegno sarà compiuto quando su San Pietro sventolerà la bandiera del Califfato.

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Il Califfato, cioè l’ISIS, non è diverso da Al Qaeda, chi separa le due realtà sbaglia. Al Qaeda è la parte organizzativa, la parola Al Qaeda vuole dire “la base”, quella che prepara le azioni, che gestisce il Marketing.
R: Tornando all’attacco al settimanale Charlie Hebdo ed in particolare al video che mostrava l’uccisione del poliziotto Ahmed Merabet sul marciapiede, video che ha scatenato molte polemiche perché non si vedeva nemmeno una goccia di sangue, ci può dare delle informazioni tecniche sugli effetti causati da un trauma d’arma da fuoco?
GS: Posso chiaramente dare una spiegazione assolutamente inconfutabile, visto che anche io,  a mia volta, sono stato ferito. Punto uno: il proiettile di un AK47, completamente blindato e ad alta velocità, cal.7,62X39 mm non provoca effetti cinematografici come si vedono nei film. Punto due: prima di asserire o fare ipotesi più o meno fantasiose su dove il proiettile è entrato, al momento non si sa dove il proiettile sia penetrato ed il transito che lo stesso ha percorso nel corpo del Poliziotto. Non sappiamo esattamente da dove il proiettile sia entrato e da dove sia uscito, quali organi ha attraversato, magari è stato preso in  testa, ed il proiettile ha transitato nel midollo o ha reciso il cervelletto. Il calo della pressione sanguigna, che determina l’uscita del sangue, avviene successivamente al trauma balistico e non immediatamente con lo sparo. Un conto è se avessero usato un fucile ad esempio Cal. 12 o 50 pmg, munizioni usate per la distruzione dei materiali e non per le persone. Con questi tipi di armi ci sarebbe stato un’ effetto diverso sul corpo del Poliziotto dal punto di vista scenico, anche se è brutto usare questi termini. Francamente non ci trovo nulla di strano, se nell’immediato non ci sia stata una fuoriuscita di sangue o effetti splatter alla Quentin Tarantino, in realtà non è così.
R: Obama, poche ore dopo l’inizio della crisi a Parigi, aveva dato la disponibilità al Governo Francese dei propri servizi di intelligence per collaborare; come mai non sono stati attivati nella zona dell’attentato gli “occhi dei satelliti militari” per tracciare la fuga dei terroristi?
GS:  Non sappiamo se sono stati attivati oppure no, ma fatto sta che i terroristi sono stati ritrovati. I terroristi avevano tutta la volontà di farsi trovare, non avevano nessuna volontà di darsi alla latitanza. Tutta l’operazione era di tipo militare che doveva finire con un epilogo prestabilito. Anche per quanto riguarda la carta d’ identità in una delle autovetture, è stata volutamente lasciata all’interno, proprio per rivendicare il gesto, per farsi identificare perché i media potessero parlare di questa persona e fare sì che potessero aumentare di popolarità tra quelle masse di diseredati islamici di cui parlavo prima e a cui l’azione era rivolta per moltiplicare i consensi ed eventualmente le adesioni alla “global jihad” . Parliamo di global jihad e non dobbiamo fare distinzioni tra gruppi terroristici, il progetto è uno ed è appunto la jihad globale.
R: E sulle lacune dei servizi segreti francesi, se ve ne sono state, che cosa ne pensa?
GS: Le lacune dei Servizi Segreti Francesi sono più o meno le stesse lacune che hanno tutti i servizi, soprattutto in Europa. La stessa cosa avvenne soprattutto con l’amministrazione Clinton negli Stati Uniti, cioè affidare eccessivamente alla tecnologia ciò che è compito dell’uomo. Si sono intensificate le attività di quello che in gergo tecnico si chiama IMIT, cioè l’acquisizione delle informazioni attraverso mezzi aerei o satellitari o comunque di tecnologie sofisticate; ma si sono smantellate o ridotte le attività di “humint intelligece” fatta da agenti, contatti che operano sui territori. Parlando della Francia, la Francia ha una quantità di immigrati e francesi di origine mussulmana enorme, quindi la rete di AL Qaeda in Francia è molto favorita e l’intelligence non ha così tanti agenti segreti per ciascuno di queste persone che potrebbero diventare potenziali terroristi. Non ci sono le risorse umane necessarie per poter fare fronte a questo tipo di minaccia. Il problema, se vogliamo, è a monte ed è di natura politica. Questa politica dell’accoglienza, fatta, secondo me, in maniera demagogica, ha consentito l’ingresso in Europa di flussi incontrollati di immigrati che, non trovando quello che magari si aspettavano, si sono dati alle attività criminali piuttosto che l’avere ritrovato nel fondamentalismo islamico delle motivazioni anche di natura religiosa che li portano a odiare l’Occidente e detestare il mondo che li aveva accolti . Bisogna stare attenti a non valutare nello specifico  quello che è successo in Francia, come se non fosse la Francia. Parliamo di Mussulmani francesi di seconda generazione e di nuovi immigrati ce ne sono veramente tanti. Il fascino che il Califfato ha va a sostituire quello che era l’esercito del Mali, dove la riunificazione delle confessioni religiose delle tribù arabe  era contro il comune nemico. Oggi, tutto ciò è sostituito con l’ISIS. C’è stata una riunificazione delle confessioni religiose mussulmane che una volta erano in contrasto anche violento tra di loro; questo Califfato sta cercando di riunire contro il comune nemico. Per questo dico che è molto pericoloso quello che sta avvenendo. Viviamo in un’epoca dove esiste il problema degli “Insider” o delle cellule dormienti presenti nel nostro mondo, che possono essere attivate semplicemente utilizzando quello che qualunque media o “corporate” fa per vendere un prodotto. Questi stanno vendendo il prodotto del terrore utilizzando il Web e mezzi più moderni per poi proporci una visione del mondo che è assolutamente retrograda. Quindi, da un lato, utilizzano mezzi e sistemi tecnicamente molto evolute, per poi proporre una visione del mondo completamente antitetica al nostro modo di vedere le cose. L’orrore per loro ha un grande “appeal”: quello che per noi è esattamente l’opposto come modo di pensare per loro è la norma ed anche affascinante. Per questi gruppi, più c’è orrore e comunicazione legata all’odio, più è affascinante. Logicamente non per tutti i Mussulmani, ma per quelli che sono attratti dalla logica jihadista legata al fondamentalismo.
R: Secondo lei, come poteva essere sfruttato dai Servizi Segreti francesi il ragazzo che nel negozio Kasher si era nascosto e comunicava via SMS con la Polizia?
GS: C’è una priorità di ordine tattico che è la sopravvivenza degli operatori della Polizia, quindi, al di là della sopravvivenza degli ostaggi, viene anche tutelata quella degli operatori di Polizia. I servizi o la Polizia non potevano sapere se l’ostaggio era vivo o morto, visto che gli spari che provenivano dall’interno del negozio hanno spinto la Polizia ad usare una tecnica che si chiama “strong wall”: praticamente anche la Polizia ha continuato a sparare attraverso le vetrate per consentire al Team di potere provvedere all’Enty Tactical” o tattica di ingresso. Il soggetto che era all’interno del Supermercato Kosher era assolutamente ostile, armato e stava sparando, quindi non stiamo parlando della liberazione di un singolo ostaggio e basta, ma anche si doveva tutelare la sopravvivenza degli operatori della Polizia.
R: L’attentato di Parigi può cambiare in qualche modo in termini si sicurezza la nostra vita? E quale scenario prevede per l’Europa?
GS: Lo scenario dell’Europa è esattamente uguale a quello che ci può essere nel mondo. Viviamo in un’epoca dove il problema non è più nella tracciatura degli obbiettivi, perché tutti noi siamo dei potenziali obbiettivi. Mentre per le Brigate Rosse era facile intuire quali potessero essere gli obiettivi e tracciare un filo conduttore alle possibili cellule che operavano sul nostro territorio, per questa nuova forma di attacchi terroristici è diventato assolutamente impossibile riuscire a decifrare con esattezza quali possano essere gli obiettivi. Tutti noi possiamo diventare degli obiettivi, anche un passante per strada. Siamo allo spontaneismo più totale da parte di  questi terroristi. Attenzione, non è uno spontaneismo di partenza, ma di arrivo! Siamo in una fase dove il terrorismo Islamico è riuscito a catalizzare così tanti consensi e risorse umane, che è capace di poter dispiegare ed utilizzare a suo piacimento molte forze, tracciando delle linee guida che sono semplicissime, colpire gli infedeli ed i loro interessi ovunque e con qualsiasi mezzo.
R: Esattamente come è accaduto questa notte (18/01/2015) in Francia, dove una poliziotta è stata investita da quattro persone a bordo di un’autovettura che le si è scagliata contro.
GS: Esattamente, qualsiasi cosa che in qualche misura ci faccia percepire che siamo noi a perdere il controllo del nostro territorio e che loro stanno invece prendendo il controllo delle nostre vite, usando il terrore. Questo è assolutamente vantaggioso per loro nella logica della guerra contro l’Occidente.
R: Per tracciare gli spostamenti di questi terroristi o delle persone che hanno contatti con il Medio Oriente, lei crede che sia utile l’adozione del PNR (Passenger Name Record) a livello Centralizzato per le Polizie Europee?


GS: Non credo che ci sia una sola soluzione ad un problema così grande e non credo nemmeno che con una militarizzazione (questo è il pericolo in cui si incorrerebbe) delle strade e delle vie aeree, come peraltro è accaduto durante gli anni ‘70, si possa risolvere o controllare il problema. Bisogna fare attenzione a queste operazioni eclatanti, che non hanno nessuno scopo se non quello di rafforzare il terrorismo stesso e  che potrebbero farci terrorizzare non solo da loro, ma anche da chi applica queste misure di controllo. L’adozione di queste misure serve  a ben poco e rischierebbero di limitare la libertà dei cittadini. 


Noi non siamo abituati ad accettare culturalmente soluzioni diverse e per soluzioni diverse intendo quello che l’Amministrazione Bush aveva, giustamente, classificato Global War Terrorism, che prevedeva il sequestro di soggetti particolarmente pericolosi e successivo interrogatorio o trasferimento a Guantanamo o da altre parti, dove questi soggetti venivano isolati ed interrogati alla ricerca di tracce e collegamenti. Questo era l’unico modo che non andava ad influenzare la vita delle persone e nemmeno l’economia. L’attività deve essere silenziosa e discreta per non turbare la vita dei cittadini già terrorizzati dagli accadimenti.
R: In un intervento dell’Avvocato Carlo Taormina su questo Blog, abbiamo affrontato, tra l’altro, anche il problema del terrorismo islamico ed i fatti di Parigi. L’avvocato, che è stato anche Segretario al Ministero degli Interni nel 2001, ipotizzava la costituzione di un Dipartimento Anti Terrorismo. Lei cosa ne pensa?
SG: Bisogna fare attenzione a non trovare delle soluzioni demagogiche. Non serve creare una Commissione formata da quattro politici che invece di occuparsi ad esempio della viabilità o di Ospedali, si occupano di temi così delicati. Non serve sventolare una bandiera per dire che siamo qui per risolvere o controllare il terrorismo. Credo invece che sia il momento di trovare delle soluzioni assolutamente pragmatiche ed efficaci per contrastare il terrorismo. Più che istituire Commissioni o fare leggi speciali, bisogna che l’ Intelligence abbia più autonomia sulla gestione di queste emergenze e che soprattutto alcune realtà che operano nel privato possano dare un contributo serio e specializzato di supporto alle Agenzie Governative che in molti casi si occupano anche di altro.
R: A suo parere, le nostre forze di Polizia hanno la preparazione tecnica e psicologica per gestire crisi importanti come quella di Parigi?
SG: Assolutamente no, le forze di Polizia sono state conformate per contrastare fenomeni di natura diversa e quindi non sono in grado di affrontare il fenomeno del terrorismo jihadista, così articolato e così forte anche economicamente. C’ è assoluta necessità di maggiore specializzazione. Non voglio dire che le nostre forze di Polizia non siano pronte sul piano investigativo, ma se lei mi chiede se una pattuglia del 112 o del 113 è pronta a contrastare tre fanatici armati di AK47, le dico che assolutamente non sono in grado.
R: E la nostra intelligence?
SG: I nostri Servizi Segreti hanno compiti che possono variare a seconda ei compiti che svolgono. Ci sono realtà molto efficienti all’interno dell’Agenzia, ma ci sono dei grossi limiti dovuti anche alla struttura gerarchica dello Stato. L’autonomia dei servizi non è sufficiente attualmente a contrastare il terrorismo in maniera efficace. Per intenderci, un Servizio Segreto non può essere assoggettato ad osservare le leggi sempre e comunque, altrimenti sarebbe la replica di una ennesima forza di polizia. Un vero servizio ogni tanto le leggi le deve violare nel supremo interesse della Repubblica e non evidentemente per interessi di parrocchia o di qualcuno.
R: Alcuni esponenti politici in questi giorni parlano di guerra, ma si può dichiarare una guerra convenzionale a gruppi di "foreign fighters islamici", vista anche l’enorme massa di profughi che arriva sulle nostre coste rendendo l’Italia “il ventre molle d’Europa”, senza un serio controllo sull’immigrazione?
GS: Questi non sono mica dei lupi solitari! Molte volte il giornalismo fa danni, non mi riferisco al vostro Blog. Molte volte è proprio nel lessico che si sbaglia. Posso intendere nel lessico giornalistico che questi terroristi siano lupi solitari nel senso che possono agire autonomamente, ma guardate che cellule autonome intese come cellule singole che operano in una realtà militare complessa ed in completa autonomia o sono una forza speciale o è una forza speciale applicata ad operazioni legata all’intelligence. Quelli hanno un’autonomia tale da avere superato la necessità di agire in gruppo. L’addestramento di queste cellule non viene più fatto come negli anni ’70 nella valle della Bekaa. Hanno oramai  l’addestramento e-learning, a casa attraverso il web. La fase è veramente più evoluta e pericolosa rispetto a quello che è l’uomo bomba. Molti si chiedono perché non si sono fatti esplodere negli uffici del settimanale francese. Attenzione, bisogna vedere qual è lo scopo e l’obiettivo che uno si prefigge. Se lo scopo è quello di dare una dimensione eroica all’azione e moltiplicare le adesioni anche e soprattutto in Occidente, affascinando quegli strati di popolazione di cui parlavo prima, l’azione militare di Parigi è il salto di qualità.
Per quanto riguarda gli sbarchi e l’Italia intesa come il ventre molle d’Europa, questa è una realtà assodata, lo siamo di già. Penso che non controllare il flusso degli immigrati sia un suicidio. E’ assolutamente necessario anche negli interessi e nella tutela di quegli immigranti che vengono per lavorare. Dobbiamo essere molto più severi e molto più attenti nel controllo dei flussi non solo in entrata, ma anche in uscita, perché 3.200 tunisini che sono andati a combattere per lo stato islamico in Iraq e Siria, di cui 700 francesi  hanno transitato per i confini europei senza controllo ne tracciatura. L’attività dell’Intelligence deve essere necessariamente coordinata con quella delle forze di polizia al fine di creare una sinergia operativamente efficace nel contrasto e prevenzione di attentati terroristici. Comunque, noi stiamo analizzando quello che è accaduto, ma non pensiamo a quello che non è accaduto, perché questi dati all’opinione pubblica non vengono dichiarati. Dobbiamo fare di tutto perché attentati come quelli di Parigi non accadano più, perché questi attentati hanno anche una ricaduta psicologica sulle persone e sull’economia come ho già detto prima. Il senso di sfiducia, di caduta di stima, di vulnerabilità a seguito di un’azione terroristica sono deleteri per la società civile. Anche l’economia risponde sempre malissimo agli attentati terroristici, è accaduto l’11 settembre quando le borse sono colate a picco, come per gli attentati di Londra e Madrid. I segnali li abbiamo avuti…il terrorismo islamico stava cambiando, siamo stati noi pigri a sottovalutarli ed a non leggerli nel modo giusto. Qui rientra anche il discorso dell’ipocrisia della politica  che molte volte va oltre agli interessi reali della sicurezza nazionale. Se fosse stato interpretato il segnale del terrorismo in maniera diversa, magari l’ultima domanda sui flussi migratori non me l’avrebbe fatta perché ci sarebbe già stata una legge.

Vorrei concludere con l’auspicio che l’Occidente tutto trovi un punto di contatto maggiore per mettere a disposizione le proprie forze per la condivisione delle informazioni nell’ottica di una fattiva lotta contro il terrorismo islamico.


Articolo di Stefano Becciolini © del 17 Gennaio 2015



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